Per i bambini gli oggetti che manipolano, esplorano, che usano per simbolizzare, rappresentano un importantissimo elemento di conoscenza di se stessi, della loro identità e del mondo. Questo processo d’identificazione avviene passando dalla contrapposizione verbale (la famosa fase del “no”) e dalle differenziazioni (questo è “mio”). I bambini si identificano quindi con l’oggetto che dichiarano essere “mio”, costruendo così il pensiero che quello che non è “mio” è “tuo” e quindi identificandosi e riconoscendo l’altro diverso da Sé. Abbiamo tutti osservato come i bambini piccoli che ancora non parlano, ci porgono degli oggetti per poi riprenderseli quasi subito, un modo per entrare in relazione con noi e anche per iniziare a separarsene. Durante l’incontro in sala di psicomotricità con i bambini di 6 - 12 mesi ad esempio, dove la proposta che faccio è quella del cestino dei tesori e del gioco euristico della pedagogista Elinor Goldschmied, ogni bambino ha a disposizione il suo cestino dei tesori ripieno degli stessi oggetti e quando di poco più grandi, acquisiscono nuove capacità di movimento, ecco che il materiale a loro disposizione sarà sempre molto e diversificato. Nonostante il materiale a disposizione sia dunque molto, possono accadere comunque anche coi piccolissimi e non solo coi bambini che hanno già iniziato a parlare, degli episodi di contesa anche aggressiva degli oggetti e in quel caso, poter mettere delle parole a quello che sta accadendo, infonde nei bambini un senso di sicurezza e di rassicurazione perché percepiscono di essere ascoltati e che nessuno li sta forzando a lasciar andare le loro proprietà. Si tratta di intervenire dicendogli che possono mettere delle parole a quello che stanno facendo e che se non ci riescono possiamo farlo noi al posto loro: “Maria, vedo che vuoi prendere il telo rosso di Teo, puoi chiedergli se te lo da”. Se Maria non riesce a chiederglielo lo faccio io al suo posto: “Teo, Maria vuole chiederti se puoi darle il telo rosso con cui stai giocando”. A questo punto possono succedere 2 cose: Teo lascia il suo telo a Maria oppure le risponde a parole dicendole: “no, è mio”. Nel primo caso è sempre bene rassicurare Teo del fatto che quando vorrà, potrà richiederglielo oppure che ne può prendere altri. Nel secondo caso invece, la persona da rassicurare è Maria: “adesso Teo non vuole darti il suo telo. Magari te lo darà la prossima volta”. In entrambi i casi, l’adulto attraverso l’uso delle parole e con un atteggiamento empatico, gli garantisce il senso del possesso, li aiuta nello sviluppo dell’organizzazione temporale, li aiuta a gestire la frustrazione, a mettere in parole un comportamento impulsivo. L’utilizzo delle parole da parte dell’adulto e il suo atteggiamento di ascolto empatico è una modalità perseguibile anche coi bambini che ancora non utilizzano il linguaggio e che usano il corpo come fattore principale di comunicazione/relazione.
In sala di psicomotricità, con incontri dedicati ai bambini dai 4 anni, il materiale è a disposizione di tutti ma non dico mai che “è di tutti”, così dicendo, garantisco ad ogni bambino il possesso degli oggetti che sta usando e attivo nel tempo la loro capacità di condivisione. Ricordo una mamma che mi sollevò la questione del suo bambino che a casa, non voleva assolutamente condividere con gli altri amichetti i suoi giochi. Le risposi che il bisogno che suo figlio stava manifestando in quel momento era un bisogno di rassicurazione e di rafforzamento del Sé che passava attraverso il possesso degli oggetti e che solamente rispettando quel bisogno e garantendogli il possesso, avrebbe trovato fiducia in se stesso e nell’adulto e iniziato a condividere con gli altri. Trovare un accordo iniziale che rassicuri e renda prevedibile quello che succederà è sicuramente un buon modo per affrontare la situazione. Dire ad esempio: “Paolo, alle 17 arriveranno i tuoi amici, hai pensato a quali dei tuoi giochi vuoi che usino?”. A questo punto Paolo indicherà quei 3 o 4 giochi che LUI decide saranno usati anche dagli altri. All’arrivo degli altri bambini è bene dirgli quello che è successo: “bambini, Paolo ha deciso che questi sono i giochi con cui giocherete”. In seguito possono accadere 2 cose: la prima è che Paolo riesca a condividere anche altri giochi e la seconda è che nel bel mezzo del gioco, ritratti sull’accordo fatto andando in maniera anche aggressiva, a riprendersi il gioco. In questo caso, avvicinarsi a Paolo e guardandolo negli occhi ricordargli l’accordo fatto inizialmente, generalmente risolve la situazione perché si tratta di una decisione non imposta ma presa in maniera condivisa: “Paolo, ti ricordi cosa ci siamo detti prima? che questi erano i giochi che volevi usassero gli altri. Io me lo ricordo bene”.
Il processo di condivisione degli oggetti che si risolve infondendo nel bambino il senso di sicurezza è equiparabile al processo di separazione dall’adulto che Donald Winnicott ha così chiaramente espresso: “la vera autonomia viene da un bisogno di dipendenza soddisfatto”.
Questi sono passaggi fondamentali nello sviluppo dei bambini e il nostro ruolo di adulti che se ne prendono cura e che sono d’esempio, dovrebbe essere quello di capire che con i loro comportamenti stanno esprimendo i loro bisogni, che ci stanno dicendo qualcosa che per loro, in quel momento è importante e un po’ difficile da esprimere. Uscire dal giudizio moralistico (giusto e sbagliato), porci in ascolto, garantire ad ognuno il senso di sicurezza e rassicurazione, gli permetterà di aprirsi all’altro.
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