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La psicomotricità

è un’attività fatta di specifiche teorie di riferimento e specifiche metodologie applicative. Si fonda sull’idea che mente e corpo sono elementi indissolubili e che, per tale motivo, il bambino (e più in generale, la persona) debba essere considerato nella sua globalità e complessità. La psicomotricità si sviluppa su due filoni principali, “funzionale” e “relazionale” e ciò che li diversifica sono l’approccio e la finalità.

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La psicomotricità

relazionale

che è l’ambito in cui mi sono formata e opero professionalmente, si basa sulla motivazione e sull’ideazione spontanea del bambino (capacità creativa, iniziativa e sviluppo di un pensiero critico). Il movimento nasce dall’individuo ed è collegato alla sua motivazione e al suo piacere in quel particolare momento. La conoscenza di una persona avviene attraverso la relazione e l’espressività si manifesta in situazioni di spontaneità, per questo il materiale presente in sala è destrutturato e l’atteggiamento dello psicomotricista non è né giudicante né propositivo, il suo lavoro è basato sull’ascolto, sull’osservazione continua e sull’interpretazione dei bisogni che sono portati dall’individuo nel “qui e ora”.

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Mi interessa/non mi interessa

mi interessa come psicomotricista, costruire un contesto di gioco e di relazione, con materiale specifico, che consenta a ciascuno di potersi raccontare attraverso la sua corporeità. Questo non vuol dire che in sala di psicomotricità non si corra e non si salti. Questo vuol dire, che la corsa e il salto ad esempio, non sono “l’obiettivo” che desidero raggiungere.

Non mi interessa come psicomotricista, la “prestazione motoria” dell’individuo (bambino o adulto), così come non sono interessata ad “allenare” il suo corpo o ad indicargli degli “esercizi” da fare. Non vi sono competizioni, partite, esibizioni o “saggi”. 

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Non c'è nulla di male

nello scegliere un approccio più orientato alla ginnastica e allo sport, piuttosto che orientarsi verso la psicomotricità (o, addirittura, affiancare i due approcci). La ginnastica e il mondo dello sport tutto sono contesti enormemente preziosi per l’infanzia che meritano di essere tutelati e riconosciuti, ma anche differenziati da altri tipi di proposte.

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Lo/la psicomotricista

è un/una professionista (professione regolamentata dalla legge 4/2013) che, dopo aver ricevuto una formazione triennale e dopo aver acquisito tutti gli strumenti teorici e tecnici e dopo aver acquisito competenze psicocorporee da mettere “a disposizione” dell’altro, può offrire alla persona, un luogo dove esprimere, attraverso il gioco e il movimento, il suo vissuto. Opera in via autonoma o in collaborazione con altre figure dell’ambito educativo e socio-sanitario, struttura interventi di educazione, prevenzione e di aiuto psicomotorio, nel rispetto della globalità psicofisica dell’individuo, utilizzando metodologie a mediazione corporea.

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Alcune informazioni

Lo/la psicomotricista, ad oggi, si forma in Scuole triennali di psicomotricità. Lo/la psicomotricista opera in ambito educativo-preventivo, non sportivo (qui vi lavora un operatore dello sport) e non sanitario-terapeutico (qui lavorano i TNPEE).

Se desideri avere un’infarinatura sull’approccio psicomotorio, ma non vuoi diventare psicomotricista, vanno benissimo altri tipi di corsi (corsi più brevi o master universitari della durata annuale).

Se, come genitore, vuoi scegliere la psicomotricità per tuo/tua figlio/a, cerca di capire se il professionista che hai di fronte è uno/una psicomotricista (se non lo è, sarà certamente un ottimo professionista, ma stai scegliendo un altro tipo di attività che pur sarà valida e arricchente, ma fonda su teorie e pratiche differenti).

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